Il doppiaggio è un’arte paradossale: una delicata alchimia il cui segreto consiste nella sua invisibilità. Orson Welles diceva di Vittorio De Sica che era il più grande tra i registi perché riusciva a “sparire dietro la macchina da presa”, lasciando agli spettatori la sensazione di essere “nel” film, moltiplicando la potenza delle emozioni trasmesse dai personaggi con uno stile ritagliato sulla storia, inconfondibile eppure senza nessuno sfoggio di inutili virtuosismi.
De Sica, da grande attore, sapeva bene che la forza delle immagini è nel lasciar parlare quel che si vede: sguardi, gesti, reazioni, tutto quell’armamentario quasi inconsapevole di chi vive la scena che è il suo vero carisma, al di là della tecnica. I grandi doppiatori hanno di fronte a sé la medesima sfida: devono interpretare una partitura visiva fatta di sguardi, respiri, movimenti, ben al di là delle parole e dei dialoghi, e più sono “impercettibili” e si “incollano” – come si dice in gergo, all’immagine dell’attore che reinterpretano, più restituiscono intatte allo spettatore del proprio paese le stesse emozioni della lingua di origine.
In questa staffetta invisibile di emozioni devono saper cogliere tutte le esitazioni, le esplosioni, i modi in cui una frase è scandita, proprio come fa un musicista leggendo una partitura, mettendo il proprio modo di essere e il proprio gusto personale al servizio di qualcosa che esiste già, trovando nell’esecuzione la propria libertà espressiva e creativa.
Quella della sala di doppiaggio è una magia complessa, frutto di un equilibrio tra tanti diversi artisti che cooperano alla riuscita di un’operazione di ri-creazione del volto sonoro di un film. Per primo, il dialoghista-adattatore, colui che non si limita a tradurre dei dialoghi, ma gioca con la lingua del proprio paese fino a trovare una chiave ritmica delle parole che si addica al sincronismo labiale e al ritmo della visione. Come uno sceneggiatore, deve saper restituire vitalità a dei dialoghi nella propria lingua, adattandola ai modi di essere di persone, epoche, paesi lontani dal proprio, rispettando il senso e le intenzioni dell’opera originale.
Poi, il direttore di doppiaggio, che deve avere l’intuito di un regista nel fare il giusto casting e scegliere voci che a volte non hanno la stessa timbrica dell’originale, ma che sono capaci di restituire il carattere del personaggio sullo schermo donandogli una vera e propria “seconda vita”. Come un regista, il direttore deve dare una chiave di lettura che guidi gli attori nel cogliere il senso di quel che vedono nella scena, e crearne insieme a loro il doppio vocale. Ultimi ma non ultimi, gli attori doppiatori: artisti che sono allo stesso tempo gli strumenti e i musicisti di questa sinfonia invisibile. Con un’incredibile capacità di ascolto, i doppiatori raccolgono tutta la miriade di piccoli segnali umani che chi recita invia tra le righe del dialogo, con il volto ed il corpo ancor prima che con le parole, per trasformarli nella materia prima della propria voce.
Quella del doppiaggio è un’impresa titanica, che richiede un’immensa dose di consapevolezza ma anche e soprattutto di umiltà: quella di sparire nell’immagine, diventare tutt’uno con essa. È un mestiere antico quanto il cinema sonoro, che mantiene intatto il fascino di una meticolosa artigianalità, che la tecnologia non ha intaccato nella sua profonda umanità. Un mestiere appassionante con una sua storia che scorre parallela a quella del cinema, con intere generazioni di formidabili talenti vocali che restano nella nostra memoria come veicolo delle più grandi emozioni della nostra vita.
Vix Vocal, fin dalla sua nascita, si è proposta come uno strumento tecnologico discreto, che mette a disposizione del pubblico e degli addetti ai lavori non solo il database degli artisti, ma la possibilità di entrare in contatto e gestire con semplicità le fasi più complesse del lavoro, proiettando questo antico mestiere nel tempo futuro. Ma lo sforzo di Vix Vocal è anche quello di svelare i contorni del doppiaggio, mantenerne intatta la memoria: lo dimostrano iniziative come il Premio De Angelis – Voci Tra le Onde, e il podcast che ci ha accompagnato durante i tempi oscuri del lockdown “Doppia Coppia”, dove il legame tra l’arte cinematografica e quella degli attori doppiatori si è rivelato in tutto il suo entusiasmo, attraversando opere, momenti di vita, paradossi di questo piccolo grande mestiere, insieme alle voci dei divi più celebri del grande e del piccolo schermo.
Il lavoro da fare è ancora molto, e diverse iniziative sono già in cantiere: vi terremo costantemente aggiornati sul nostro sito, diventato ormai un utile punto di riferimento per il mondo del doppiaggio. Guidati dalla passione per questa invisibile, magica arte che dà voce alle nostre emozioni.
Di Serafino Murri